Sempre in viaggio con le tele arrotolate sotto il braccio.
Così Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866), viaggiatore instancabile e patriota appassionato, è stato testimone reporter di decine di viaggi in città italiane, europee e mediorientali.
Mete imprescindibili del famoso Grand Tour, come Venezia, Roma e Napoli, alle quali ha dedicato vedute piene di luce o notturne, quasi da precursore dell’Impressionismo, alle destinazioni più lontane ed esotiche come Costantinopoli, l’Egitto, Gerusalemme ed Efeso, dai tramonti infuocati. I suoi album ed i suoi taccuini sono ricchi di preziosi schizzi appuntati durante gli innumerevoli viaggi o nel corso delle operazioni belliche di cui è stato appunto sia protagonista, in veste di capitano della Guardia Civica, che spettatore, artista-reporter di grande efficacia.
Uomo del Risorgimento, Caffi amava sognare un’Italia unita e libera dal giogo straniero, incarnando perfettamente l’ideale romantico della passione politica e della vita avventurosa: aveva aderito ai moti del 1848-49, subito le persecuzioni degli austriaci, l’arresto, la condanna all’esilio e la successiva liberazione.
Rocambolesca e in prima linea anche la sua morte avvenuta a largo dell’isola di Lissa, nel Mar Adriatico, a bordo della nave ammiraglia Re d’Italia, affondata durante la battaglia contro gli austriaci nel 1866.
Originariamente le opere del patrimonio artistico di Generali: Carovana ai piedi della sfinge, Tramonto sulla pianura di Tebe e I Fori Imperiali Romani, erano dipinti murali, realizzati nel 1858-59 da Caffi per la sua casa a Venezia, Casa del Salvadego, e per le quali ha utilizzato una tecnica, avveniristica per l’epoca, conosciuta come “pittura stereo cromatica” che prevedeva l’applicazione finale di “acqua di vetro” (Wasserglas), con il duplice scopo di proteggere le pitture dall’umidità di una città di mare e rendere la superficie levigata, lucida e brillante.
Nel 1956, a seguito dell’acquisto di Casa del Salvadego da parte delle Generali, le opere sono state “strappate” dalle pareti e trasferite su tele ora conservate presso la sede aziendale veneziana di Palazzo Morosini in Campo Santo Stefano. Il riuscitissimo “strappo”, di per sé intervento traumatico ed invasivo, ha, però, causato nel tempo evidenti problemi conservativi che hanno reso necessario un restauro integrale delle tre vedute di Caffi. Il restauratore, seguendo le indicazioni dell’analisi tecnica preventiva eseguita dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, e con la mappatura di tutte le lacune, le macchie, le crettature e le colature ha ripristinato, in sei mesi di lavoro, i colori brillanti di queste splendide vedute, facendo risaltare tutti i dettagli dell’arte di Caffi, una pittura così attenta ai particolari da ricordare l’arte della fotografia da poco nata in quegli anni.
Ippolito Caffi si colloca tra i maggiori e più originali vedutisti dell’Ottocento italiano, la sua arte lo avvicina al francese Corot e all’inglese Turner annoverandolo comunque come artista che è riuscito a superare l’eredità di Canaletto aggiungendo una luce emotiva alle sue opere.
Generali con il restauro e la valorizzazione di queste splendide tele dai richiami esotici e dalle antiche rovine immerse in atmosfere sognanti dal cielo blu Savoia contribuisce a mantenerne inalterate la bellezza e il valore nel tempo.